Buoni e cattivi nella Prima Guerra Mondiale

„Buoni e cattivi” nella Prima Guerra Mondiale

di Lamberto Ferranti

La storia è scritta dai vincitori.

Ciò è riscontrabile anche nella numerosa pubblicistica relativa all’analisi della Grande Guerra: secondo la gran parte di essa, lo scontro tra Francia, Inghilterra e Stati Uniti da una parte e Germania e Austria-Ungheria dall’altra (tralasciando per semplicità le altre Nazioni al conflitto interessate), incarnò la lotta tra il “bene”, identificato nelle loro democrazie comunque mal rappresentata dal suffragio non ancora universale, ed il “male”, rappresentato dal militarismo che la numerosa casta degli Juncker esercitava in Prussia e col quale gli austro-ungheresi esercitavano la propria preminenza sulle nazionalità diverse dalla propria.

Tale affermazione, però, può eventualmente corrispondere solo ad una delle numerose sfaccettature che contrassegnarono il conflitto, ma non a tutti i suoi vari aspetti. A riprova di ciò basta considerare che dalla parte dei “buoni” si schierò sin dal primo momento (e fino alla pace di Brest –Litovsk) la Russia, entità statale arretrata che tanto democratica non era, visto che nonostante l’atto di abolizione della servitù della gleba da parte dello zar Alessandro II del 19 febbraio 1861, mirante ad emancipare i contadini dai proprietari terrieri grazie ai gravosi otrabotki [1] ed all’ obrok [2], questi ultimi riuscirono a mantenerli  vincolati ai villaggi d’origine.

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